In Europa, l'affermazione del c.d. "economic approach" alla interpretazione ed applicazione del diritto antitrust cominciò, come noto, con l'introduzione di una valutazione più benevola delle intese verticali rispetto a quelle orizzontali, per proseguire con il nuovo regolamento sulle concentrazioni (n. 139/2004) che codificò il criterio dell'efficienza pro-consumatori quale fattore «bilanciante» ("countervailing factor") atto a giustificare la concentrazione del potere di mercato - a condizione che, come prescritto dall'art. 2, 3o comma, Reg. cit., in coerenza sistematica con l'art. 81.3 Trattato CE (oggi 101.3 TFUE), l'operazione non sia in grado di eliminare la concorrenza nel mercato (la concentrazione non ostacoli «in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato comune o in una sua parte»). Più di recente, nell'ambito del processo c.d. di modernizzazione, quell'indirizzo si è ulteriormente riflesso nelle "Linee Guida" (2008) della Commissione espressive di un sostanziale "favor" per le concentrazioni non-orizzontali. Da ultimo, i fautori del c.d. "more economic approach" si sono rivolti verso la fattispecie dell'abuso di posizione dominante attaccandone la tradizionale metodologia di valutazione, ritenuta rigida e formalistica, e prospettandone una rivisitazione in chiave, appunto, «più economica», tale da consentire di assolvere la condotta (segnatamente, i comportamenti escludenti) là dove l'eventuale generazione di efficienze "pro consumer" appaia tale da compensare i pregiudizi per la concorrenza. La suggerita rivisitazione ha suscitato, tuttavia, diffuse perplessità: anche perché volta, in ultima analisi, a cancellare quel cardine fondamentale, e tipico, dell'antitrust europeo rappresentato dalla dottrina della speciale responsabilità che grava in capo all'impresa dominante. Di tali perplessità, oltre che numerosi commentatori europei, si è fatta portavoce la stessa Commissione europea che, con la Comunicazione sulle priorità nell'applicazione dell'art. 102, ha adottato una posizione che, mentre in prima battuta sembra aprire le porte alla nuova metodologia, a ben vedere conferma, in armonia con la più recente giurisprudenza comunitaria, i capisaldi della dottrina «classica», ribadendo in particolare che il valore/obbiettivo primario del diritto della concorrenza europeo è la salvaguardia della fisionomia concorrenziale del mercato e non un "consumer welfare" dissociato dalla prima.